L’articolo qui riproposto è tratto dal blog del prof. Ruben Razzante su www.huffingtonpost.it
La spettacolarizzazione della giustizia è uno degli effetti perversi del cortocircuito tra giustizia e informazione. La cronaca giudiziaria spesso sconfina nella teatralità, con tutto ciò che ne consegue in termini di clamore mediatico e di violazione dei diritti delle persone coinvolte.
Spesso, nei casi di cronaca più eclatanti, diventa difficile frenare questa tendenza ai processi mediatici, con trasmissioni televisive che si piegano alla dittatura dell’audience e pretendono di anticipare sentenze che andrebbero pronunciate soltanto nelle aule giudiziarie.
Ecco perché gli uomini di diritto non dovrebbero prestare il fianco a tali strumentalizzazioni e astenersi dall’amplificare ulteriormente i contenuti di quei processi mediatici. Di qui l’inopportunità del gesto della Camera penale di Modena di invitare come relatrice al Festival della giustizia penale Amanda Knox, la giovane statunitense accusata di aver preso parte all’omicidio della studentessa inglese Meredith Kercher e assolta 4 anni fa.
Le riserve non nascono solo dalle ombre che hanno accompagnato quel verdetto assolutorio. Dopo tutto, le sentenze definitive vanno rispettate, anche quando lasciano spazio a dubbi e perplessità, come in questo caso. Ciò che appare invece fuori luogo è l’idea che a perorare una nobile causa come quella della difesa delle vittime della giustizia ingiusta e del contrasto alla mediatizzazione delle vicende giudiziarie possa essere chiamata una cittadina americana, peraltro rientrata anni fa nel suo Stato d’origine senza attendere il verdetto definitivo della giustizia italiana.
Amanda ha attratto su di sé, sabato mattina, i riflettori di tutt’Italia. Ha raccontato la sua verità sul delitto di Perugia, ha chiesto comprensione e ha puntato a una definitiva riabilitazione agli occhi dell’opinione pubblica e internazionale. Ha accusato la polizia e i media, colpevoli, secondo lei, di averla trattata da assassina ancora prima della sentenza della Cassazione.
Sono migliaia e migliaia le persone che, come Amanda, dopo un ingiusto periodo di detenzione, sono state assolte per non aver commesso il fatto. Sono migliaia e migliaia le persone che, ancora sotto processo, vengono additate da certa stampa giustizialista come colpevoli.
Però quante di quelle persone, alla fine assolte, hanno avuto l’opportunità che ha avuto Amanda a Modena? A quanti è stato concesso un palco come quello concesso ad Amanda? In Italia i numeri di innocenti che rimangono in carcere per anni sono sconcertanti. Sono le vittime dei tempi biblici della giustizia, ma anche dell’incuria investigativa e dell’approssimazione o faziosità con le quali vengono spesso approcciati casi di cronaca.
Ecco perché al Festival di Modena avrebbero avuto maggior titolo a partecipare tantissime vittime della giustizia ingiusta. Forse, però, avrebbero fatto meno audience.
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